GIURIDICÆ

ABORTO: davvero una scelta?

Introduzione – Cosa si intende quando si parla di aborto? Qual è attualmente la situazione italiana sul punto?

In Italia quando parliamo di diritto all’aborto parliamo della Legge n.194/1978, che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel nostro ordinamento, in quanto permette alle donne di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) quando, per qualsiasi motivo assolutamente personale, non volessero portarla a termine. Oggi ogni donna può ricorrere alla IVG in una struttura pubblica nei primi novanta giorni di gestazione. 

Attualmente esistono due tecniche per eseguire una interruzione volontaria di gravidanza. Lo si può fare, in primo luogo, con un metodo farmacologico, ossia mediante una procedura medica che si basa sull’assunzione di almeno due principi attivi diversi – uno dei quali è conosciuto anche con il termine di pillola abortiva o RU486 – che devono essere presi a distanza di quarantotto ore l’uno dall’altro; questa procedura può essere effettuata presso ambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, nei consultori o in day hospital (quindi in questo caso non è necessario un ricovero).

Anche se negli ultimi anni le donne ricorrono sempre più spesso al metodo farmacologico, l’IVG può inoltre essere effettuata anche mediante un vero e proprio metodo chirurgico

Fin qui, tutto bellissimo. Il problema è che questa rimane soltanto teoria, visto che nella pratica le donne riscontrano tantissimi problemi per poter ricorrere a queste procedure. 

Il primo, importantissimo, problema è quello geografico. Infatti, ad Agosto 2020 il Ministero della Salute aveva previsto la fine del ricovero obbligatorio in caso di aborto farmacologico e la possibilità di somministrazione della pillola abortiva anche in ambulatori e consultori; ma, nonostante questo, a distanza di più di due anni la maggior parte delle Regioni italiane non ha minimamente reso disponibile la pillola RU486 nei consultori, e spesso neanche negli ambulatori. In particolare, le Regioni sono sedici: un numero che fa davvero paura. Alcune di queste hanno dichiarato esplicitamente che non intendono adeguarsi alla circolare del Ministero della Salute, altre non lo hanno fatto per carenza di fondi o di personale medico, altre addirittura si sono opposte istituendo un fondo pro-vita, che dovrebbe prevedere soldi a sostegno delle donne che decidono di proseguire la gravidanza.
Ad oggi sono solo due le Regioni in cui la RU486 è disponibile nei consultori, e sono il Lazio e l’Emilia Romagna; a queste va aggiunta la Provincia Autonoma di Bolzano, dove però rimane il forte problema dell’obiezione di coscienza, pari all’84,5%.

Ricollegandoci a quest’ultimo punto, un altro problema fortissimo che ostacola la libertà delle donne di ricorrere all’aborto è sicuramente l’obiezione di coscienza. Nonostante i numeri siano leggermente in diminuzione, i dati del 2020 confermano una ancora troppo alta percentuale di obiettori di coscienza nelle strutture sanitarie (64,6% dei ginecologi, 44,6% degli anestesisti e 36,2% del personale non medico). 

Sicuramente, in generale, il problema dell’accesso alla IVG – e quindi dell’esercizio del diritto di aborto – riguarda alcune Regioni più di altre. Ci sono Regioni e Province in cui è difficilissimo accedere a tale procedura, come nel caso della Provincia Autonoma di Bolzano o della Campania, in cui le strutture pubbliche in cui si pratica l’aborto sono meno del 30%, o del Molise, in cui la percentuale di obiettori di coscienza è superiore al 92%, e sono tantissime le Regioni in cui c’è almeno un ospedale con il 100% di obiettori di coscienza. 

Queste percentuali sono la ragione per cui nel 35,1% delle strutture con un reparto di ginecologia o ostetricia non è possibile accedere alla IVG, e questo nonostante la Legge n.194/1978 vieti la c.d. obiezione di struttura. Infatti tale legge all’Articolo 9, seppur riconoscendo il diritto del personale sanitario a sollevare obiezione di coscienza, dichiara espressamente che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenute in ogni caso ad effettuare gli interventi di IVG, e che la Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. Di conseguenza le Regioni dovrebbero in ogni caso garantire che il numero del personale sanitario nelle strutture pubbliche non sia tale da impedire alle donne di accedere all’intervento di IVG. 

Ma, guardando i dati risultanti dalla Relazione del Ministro della Salute sull’attuazione della Legge n.194/1978, e data la persistente difficoltà pratica riscontrata dalle donne nel poter esercitare un loro diritto, così non è, e questo ad oggi impedisce di dare piena applicazione alla Legge del ’78. 

Come se tutto questo non bastasse, nel primo giorno di legislatura del nuovo Governo – a metà Ottobre – sono stati presentati tre Disegni di Legge che andrebbero ad incidere sull’applicazione della Legge n.194/1978 sul diritto all’aborto (e questo nonostante il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni avesse più volte promesso che il diritto all’aborto non sarebbe mai stato ostacolato). 

Il primo di questi Disegni di Legge proviene da Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, ed ha come obiettivo il riconoscimento della capacità giuridica già al concepito. Andrebbe così modificato l’Articolo 1 del nostro Codice Civile, che prevede espressamente che la capacità giuridica si acquisti al momento della nascita; la proposta di Gasparri, al contrario, mira ad anticipare questo momento già al tempo del concepimento. Una proposta apparentemente innocua, ma che avrebbe in realtà delle conseguenze pesantissime, anche se indirette, su tutta la disciplina dell’aborto. Uno degli effetti diretti di questo Disegno di Legge, infatti, se venisse approvato, sarebbe di fatto quello di equiparare il feto ad una persona, e l’interruzione volontaria di gravidanza ad un omicidio volontario. Di fatto, quindi, questa proposta finirebbe per dare priorità ai diritti del feto, piuttosto che a quelli della donna che decide di abortire. A tal proposito, la Corte Costituzionale – già nel 1975! – si espresse dicendo che “non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione, che persona deve ancora diventare”.

Un altro Disegno di Legge è stato presentato, sempre da Gasparri, e prevede l’istituzione di una “Giornata della Vita Nascente”, facendo riferimento ad una serie di associazioni cattoliche che fanno storicamente parte del movimento antiabortista italiano che, tra le altre cose, si occupano di sepoltura dei feti senza il consenso delle donne. Anche questa seconda proposta non tocca direttamente la Legge n.194/1978, ma, se approvata, finirebbe per ostacolare di fatto l’accesso alla IVG, andando a incidere sul piano ideologico e culturale della comunità.

La terza proposta proviene dal Senatore della Lega Massimiliano Romeo e contiene “Disposizioni per la Tutela della Famiglia e della Vita Nascente, per la Conciliazione tra Lavoro e Famiglia e Delega al Governo per la Disciplina del Fattore Famiglia”. Anche questo Disegno di Legge – peraltro presentato con il medesimo titolo già nel 2021 – andrebbe a toccare alcune questioni inerenti all’aborto: chiedendo il riconoscimento del concepito come “componente della famiglia a tutti gli effetti”, finirebbe di fatto per concordare con quanto proposto da Gasparri in riferimento alla capacità giuridica. 

Inoltre, è stato sempre Romeo a chiedere l’erogazione di fondi per il sostegno della maternità, ed in particolare “per evitare che le donne in stato di gravidanza ricorrano alla interruzione volontaria della stessa”.

Infine, è stata proposta una riforma dei consultori, in modo che il loro obiettivo principale sia la “tutela della vita umana fin dal suo concepimento”; si prevede, a tal fine, che i consultori si possano avvalere di personale sanitario anche obiettore di coscienza e della collaborazione di associazioni a difesa della vita. 

Ovviamente tutte queste rimangono proposte di Legge; sarà poi il Parlamento ad analizzarle e ad esprimersi su questi argomenti. Ma purtroppo, vista la composizione e le premesse del nuovo Governo, non potevamo aspettarci niente di meno e soprattutto niente di diverso da questo. 

Nel merito, in cosa e come potrebbe e/o dovrebbe essere migliorata la Legge 194?

Sussistono criticità di natura sia intrinseca che estrinseca alla Legge. Per quanto riguarda le seconde, la principale e più evidente è senz’altro la sua mancata o solo parziale applicazione in termini concreti (tanto che lo stesso Consiglio d’Europa ha richiamato il nostro Paese, parlando di aborto “troppo difficile” e di “non obiettori discriminati”). La causa principale di tale mancata applicazione è la già citata obiezione di coscienza (media nazionale: 64,6%), di cui il dettato legislativo fissa i limiti, sancendo che l’obiezione è esclusivamente riferibile alla pratica, non anche a momenti e procedure precedenti o successivi a essa. Ma tali limiti di fatto non vengono rispettati.

Reale, come già detto supra, anche il problema della cosiddetta obiezione di struttura, riguardo la quale scarseggiano dati ufficiali (quelli annuali del Ministero della Salute fanno riferimento alle Regioni complessivamente intese, e non alle singole strutture). Di recente sul tema è tornata l’attenzione, in riferimento alla situazione della Regione Marche, che stima una percentuale di obiettori del 70%. Situazione resa ancor più complessa dall’incoerenza e mancata corrispondenza dei dati ministeriali rispetto ad altre stime indipendenti (con risultati in rialzo, talvolta notevolmente; interessante quella di Chiara Lalli e Sonia Montegiove “Mai Dati – Dati Aperti”), che rendono quindi impossibile la delineazione di un quadro generale attendibile. Un diritto sancito sulla carta, quindi, ma spesso purtroppo non ancora riconosciuto in concreto.

Dal punto di vista intrinseco, un altro problema riguarda l’impostazione (ovvero, la ratio) della Legge, che non afferma positivamente il diritto all’aborto, ma cita (in negativo) i casi in cui esso non è considerato reato. L’ Art. 1 sancisce che “lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”. Ed è proprio questo l’appiglio testuale che consente alle associazioni pro-vita e antiabortiste di esistere e operare; anzi, se ci atteniamo alla lettera, la loro attività è addirittura promossa dalla Legge medesima (come anche, nei fatti, e come si dirà più avanti, da politiche locali e regionali; Meloni stessa afferma di voler rafforzare questo aspetto).

Altri problemi da tenere in considerazione sono infine lo stato dei consultori (bisognosi di potenziamenti, quando non addirittura di radicali riaperture, sia per quanto riguarda la prevenzione che la presa in carico delle pazienti – la Legge n. 34/1996 impone la presenza di un consultorio ogni 20.000 abitanti), l’arretratezza nei metodi di anestesia (ancora altissima la percentuale di interventi in anestesia generale, quando la locale, ove possibile, potrebbe consentire lo snellimento delle procedure, oltre a una diminuzione e maggior rapidità di gestione delle ospedalizzazioni) e un ancora relativamente scarso e disomogeneo ricorso all’aborto farmacologico (31,9% nel 2020; anch’esso, come il chirurgico, è comunque ugualmente molto ostacolato nella prassi).

Si tratta di fatti che inequivocabilmente, ad oggi, ostacolano l’applicazione della Legge 194. Senza voler – né poter – fare un processo agli intenti, ciò che ci chiediamo è solamente quali siano i motivi dietro una simile stagnazione di circostanze. Burocratiche, economiche, ideologiche, sanitarie? Probabilmente, in modo e con peso differente, tutte quante contribuiscono a delineare l’attuale stato di cose. Indubbio è che l’esecuzione della Legge ad oggi presenti difficoltà che vanno oltre la soglia del tollerabile, e che le stesse potrebbero essere – anche se magari solo in minima parte – colmate da una revisione del testo normativo, emanato ormai quarantaquattro anni fa e quindi forse bisognoso di modifiche legate non solo al cambiamento dell’opinione pubblica, ma anche all’effettivo ammodernamento delle procedure sanitarie. 

Quale sarà, nel prossimo futuro, il destino della Legge 194?

Al momento è difficile fare previsioni. Il contesto internazionale è senza dubbio fortemente influenzato dall’incertezza americana, scatenata dopo che la Corte Suprema nel Giugno del 2022 ha di fatto ribaltato la precedente giurisprudenza relativa al diritto all’aborto, fino a quel momento pacificamente riconosciuta dalla Sentenza Roe VS Wade del 1972 e consolidatasi nel corso del cinquantennio precedente. La nuova Sentenza Dobbs contro l’Organizzazione per la Salute delle Donne di Jackson non riconosce più la tutela costituzionale del diritto all’aborto, riportando la competenza legislativa ai singoli Stati, molti dei quali dotati delle cosiddette “leggi – grilletto”, ovvero leggi antiabortiste pronte a tornare in vigore in caso di cambiamento del precedente orientamento giurisprudenziale – come di fatto avvenuto. Tuttavia, anche a livello prettamente europeo e interno la situazione non è rassicurante: basti pensare a realtà come quelle della Polonia (qui il nostro approfondimento – http://www.collettivae.org/aborto-polonia/), dove grazie a una sentenza della Corte Costituzionale del 2020 l’aborto è illegale in quasi tutti i casi (compresi quelli di gravi disabilità o malattie del feto); dell’Ungheria (recentissima la legge sul “battito fetale”, manifesta umiliazione per le donne che decidono di abortire), o di Malta, che “vanta” il titolo di nazione più restrittiva sul tema (l’IVG è vietata in tutti i casi, compreso lo stupro e il pericolo di vita per la madre). 

In Italia, a causa dell’insediamento di un Governo e una maggioranza parlamentare entrambi di centrodestra, parte dell’opinione pubblica è senza dubbio già pessimisticamente orientata verso un cambiamento sul tema, quantomeno negli “atteggiamenti” (emblematica sul punto la figura di Eugenia Roccella, nota antiabortista, nominata dall’Esecutivo Ministra del neopromosso Dicastero della Famiglia, della Natalità e delle Parti Opportunità). Queste timorose perplessità, almeno per il momento, possono effettivamente basarsi anche su alcune prime scelte ed esternazioni della Premier, Giorgia Meloni, e di variə esponenti – a più livelli – del governo e della coalizione di centrodestra.

La prima di queste, in termini di tempo, ad aver suscitato clamore mediatico è senza dubbio la presa di posizione che Meloni ha iniziato a significare già verso la metà di Settembre, in piena campagna elettorale, in relazione proprio alla Legge 194. La leader di FdI ha dichiarato di non voler affatto abolire la 194, ma anzi, di volerla applicare pienamente, rafforzando peraltro le parti in cui questa parla di “tutela sociale della maternità”. Posizione confermata anche dallo stesso programma di Fratelli d’Italia che, proprio al primo punto, parla di “sostegno alla natalità e alla famiglia” (citando “la piena applicazione della Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, a partire dalla prevenzione” e “l’istituzione di un fondo per aiutare le donne sole e in difficoltà economica a portare a termine la gravidanza”). Fin qui tutto bene, o quasi, sembrerebbe. La principale obiezione rilevabile (ed effettivamente già concretamente rilevata da partiti dell’opposizione come da movimenti femministi) consta, di fatto, nella poca utilità concreta di una proposta del genere. Come tuttə sappiamo, oggi chi non vuole abortire in Italia ha già il – sacrosanto, lo sottolineiamo – diritto di farlo. E’ indiscutibile invece che lo stesso non si possa affermare a posizioni invertite (vedasi supra i dati sull’obiezione di coscienza). Dati che Meloni di fatto nega, mentre difende l’obiezione, mettendola sullo stesso piano del diritto all’aborto. Volendo esprimere un parere severo, le due realtà non possono assolutamente essere considerate di pari livello: perché se è vero che un medico può scegliere di non fare il ginecologo onde evitare di trovarsi di fronte a un dilemma etico (di per sé, del tutto legittimo), una donna che rimane incinta a seguito di uno stupro (esempio tra i tanti proponibili) non può invece vantare il lusso di una scelta, ma è semplicemente costretta ad accettare tale realtà, e per di più senza tutele. Inoltre, si citano casi (sempre più ricorrenti negli ultimi anni) di medici obiettori che rifiutino di prestare soccorso alle pazienti. Sul punto è fortunatamente intervenuta una sentenza della Cassazione (Cass. Sent. n. 14979/13), che ha sancito per i medici – anche obiettori – il dovere di soccorrere e/o curare le pazienti precedentemente sottopostesi a IVG che si trovino in stato di bisogno, come tra l’altro palesemente sostenuto dal dato normativo (il caso di specie constava nella condanna a una dottoressa obiettrice che aveva rifiutato di soccorrere una donna con una forte emorragia a seguito di IVG).

All’inizio del mese di Ottobre, subito dopo le manifestazioni pro-194 tenutesi in tutta Italia, un’altra notizia ha avuto risonanza sui media e sui social network: l’assegnazione al fondo pro-vita “Vita Nascente” di €400.000,00 da parte della Regione Piemonte, per “pagare alle famiglie vulnerabili e alle donne in difficoltà economica tutto ciò che serve per non dover rinunciare alla gravidanza che desiderano: canoni di locazione, rate di mutuo, bollette di utenze, abbigliamento, alimenti, farmaci, pannolini, carrozzine, lettini”. A voler mal pensare, un tempismo quantomeno curioso, e delle motivazioni forse pretestuose. Specie se si considera che, come dichiarato successivamente da alcunə esponentə dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, in base all’esperienza della struttura, raramente l’aspetto economico è la causa per cui le donne decidono di interrompere la gravidanza. E perché poi, viene da chiedersi, preferire interventi assistenzialistici particolari (come bonus, incentivi e altri), che favoriscono solo alcune, quando si potrebbe piuttosto proporre una riforma del lavoro a contrasto del precariato e delle discriminazioni, che favorirebbe invece tutte? Perché agire singolarmente con rimedi provvisori, invece di ricercare cause e risolvere problemi strutturali (in primis attraverso attività di counseling nei consultori e nelle strutture sanitarie, e una seria attività di educazione sessuale nelle scuole)?


A tali circostanze si aggiungano, infine, le due sopracitate proposte di Legge del Senatore Gasparri. 

In attesa di risposte e ulteriori sviluppi, diamo atto al centrodestra di saper ben dissimulare la propria – sospettissima – contrarietà al diritto all’aborto (solo un esempio, tra i vari diritti sociali a cui potremmo far riferimento) con interventi che, in un modo o nell’altro, vadano sempre a favorire la “controparte” (se così possiamo impropriamente definirla), celando la propria reale avversione etica dietro l’escamotage delle mistificazioni ideologiche. Tuttə sappiamo quanto sia difficile mantenere unə o più figliə oggi in Italia. Ciò che sfugge è il criterio per cui i sussidi economici e gli interventi assistenzialistici nella stragrande maggioranza dei casi vengano destinati solamente a coloro che sono vistə “di buon occhio” dalla destra (leggasi, potenziali elettorə); ed è sicuramente anche per questo che la destra evita con attenzione di assumere posizioni apertamente contrarie sul piano dei temi sociali e dei diritti civili più “divisivi” (a detta di chi, non è dato sapere).

La rabbia e la frustrazione nascono dal fatto che la questione potrebbe – e dovrebbe – semplicemente non porsi ab origine. L’aborto è assodatamente un diritto in Italia da ben quarantaquattro anni. Uno stato di diritto veramente garantista è tenuto a dare allə suə cittadinə il maggior ventaglio di possibilità, diritti e scelte possibili. Riconoscere il diritto all’aborto – lo ripetiamo ulteriormente, per quanto possa apparire ovvio – non equivale in alcun modo ad essere, personalmente e sul piano morale, favorevolə all’aborto. Significa essere favorevolə all’esistenza dell’alterità (e sfidiamo a trovare abortistə contrariə all’esistenza di opinioni antiabortiste, sempre riferendoci al piano delle opinioni personali; che ricordiamo, comunque, non dovrebbero essere tenute in considerazione quando si dibatte di diritti, dovendo essere invece questi ultimi prevalenti in tema di ordinamento e legislazione). E per tantə forse è proprio questa alterità il principale e vero elemento di disturbo.

Difficile comunque prevedere l’andamento che avrà nel prossimo periodo o comunque nel corso di questa Legislatura la normativa, e in generale la tematica, sull’aborto. Ciò di cui siamo sicurə è che non smetteremo, qualunque cosa accada, di difendere i nostri diritti; perché le leggi di certo non sono e non possono essere perfette, e la loro esecuzione effettiva – per una molteplicità di motivi (logistici, organizzativi, ma in primis economici) – è ancora oggi una grande problematica del nostro Paese. Ma uno Stato che possa definirsi tale, oggi, è uno Stato che non lascia indietro nessunə. Che non giudica le donne che decidono di abortire, che non le lascia sole nel marasma della burocrazia sanitaria, alla disperata ricerca di una struttura che le accolga e garantisca loro servizi che è costituzionalmente tenuto a dargli. E’ uno stato di tuttə e per tuttə. Tuttə sullo stesso piano. 

Fonti 

Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Il Post, OHGA!, Lifegate, La Repubblica, Laleggepertutti, Il Sole 24 Ore, PPHC, Quotidianosanità.it.

Link 

https://www.ilpost.it/2022/09/22/giorgia-meloni-aborto/

https://torino.repubblica.it/cronaca/2022/09/30/news/fratelli_ditalia_400_mila_euro_ai_pro_vita_si_alla_delibera_delle_polemiche-367957570/

https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-04-11/consiglio-d-europa-italia-aborto-difficile-non-obiettori-discriminati-115901.shtml?uuid=ACQB2C5C

https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=70168


*Come si accede al percorso dell’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG)? (Fonte: USL Toscana Sud – Est)

Puoi rivolgerti al Consultorio, preferibilmente della tua Zona di residenza, dove riceverai accoglienza, informazioni sul percorso, counselling e verrà fissato un appuntamento con il Ginecologo che ti fornirà tutte le informazioni necessarie sulle metodiche di esecuzione dell’IVG e rilascerà un documento dove si prende atto sia del tuo stato di gravidanza che della tua volontà di interromperla.

Se hai tra 14 e 24 anni rivolgiti al Consultorio Giovani, uno spazio dedicato a questa fascia d’età attivo in tutte le Zone.

Il Consultorio garantisce anche colloqui e consulenza sulla contraccezione per ridurre il ricorso all’IVG e tutelare la salute della donna, inoltre, fornisce assistenza psicologica e sociale e, su richiesta, informazioni su associazioni di volontariato.

Viene assicurato anche il collegamento con i reparti ospedalieri e gli ambulatori di riferimento per l’effettuazione dell’IVG.

Visti i limiti temporali per l’effettuazione dell’IVG e sulla scelta della metodica, è importante non ritardare nel rivolgersi al Consultorio per avere il tempo necessario di prendere la decisione con calma e la possibilità di accedere all’IVG farmacologica.

AUTRICI: Gemma Bui, Emma Ciofini

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Ho un debole per le cause perse, per il cioccolato e per le scarpe. Sogno da sempre di far arrivare primi gli ultimi.
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