C’è chi parla di carico mentale; chi, in maniera sottile e violentissima, di “roba da donne”. Come se la cura della casa e l’organizzazione delle faccende domestiche fosse un compito esclusivo del femminile. Sono nata e cresciuta in una famiglia densa di donne ligie e quadrate, prive di sbavature, in cui la messa domenicale era la giusta prosecuzione di una settimana fatta di accudimento, preparazione di pranzi e cene, gestione dei figli e del marito. Non era neppure da immaginare un’altra realtà; mettere da parte sé stesse per agevolare l’uomo a fianco, o i figli, rappresentava un sottinteso imprescindibile, un dovere scritto nelle ossa.
Essere donne è questo, diceva mia nonna: era a dir poco fiera nel sapersi fondante per il marito, che senza di lei neppure sapeva trovare le calze nell’armadio.
Quello che non sapeva era che quel suo sentirsi indispensabile era nient’altro che un contentino, una rappresentazione edulcorata della propria importanza all’interno di un sistema sociale palesemente patriarcale.
E io, che ben tardi ho scoperto un desiderio di sacrosanta ribellione, mentre prima lo vivevo solo come senso di colpa e frustrazione – voler pensare a me, mettere la carriera al primo posto, dividere i lavori di casa a metà col compagno -, ho sempre creduto di essere fatta al contrario. Desiderare, da donna, il proprio spazio nel mondo: che eresia.
Come ci spiega Michela Murgia nell’introduzione del fumetto “Bastava Chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano”, ed. Laterza, “se gli uomini nella vita vengono sospinti verso un «perché», alle donne si insegna ancora ad agire motivate da un «per chi», senza il quale viene loro detto che le loro vite saranno incomplete, che i loro cuori si inaridiranno, che vivranno egoiste e moriranno sole senza mai sperimentare la pienezza della femminilità.”
Il libro, che attraverso dieci illuminanti strisce ci illustra molte situazioni quotidiane in cui ognunæ di noi può ritrovarsi, rappresenta il cuore di tutto ciò che è necessario scalfire, sistemare, raddrizzare. Sono automatismi, perlopiù, quelli che scattano quando ci ritroviamo in famiglia a fare ben di più di quanto sia legittimo fare, o semplicemente siamo portatæ a indietreggiare di fronte a un collega uomo che ottiene il posto di lavoro che sappiamo di meritarci. O, ancora, nell’atto sessuale pensare solo all’altræ, dimenticandoci del nostro personale, sacrosanto, indispensabile piacere. Sono abitudini, anche, introiezioni date ormai per ovvie; quando al cinema la donna è sempre oggetto, da portare in salvo, oppure quando tendiamo a regalare a una bambina giochi per l’accudimento e a un bambino spade, costruzioni, automobiline.
Come fare a riconoscere il problema? Facile: leggendo questo libro, tanto per iniziare, e regalandolo a tutti gli uomini che conosciamo.
È essenziale distinguere quello che desideriamo fare per piacere e ciò che, invece, è stata una società patriarcale a scegliere per noi. Un dislivello s’impara a parificare solo quanto tuttæ saremo consapevoli della sua ingiusta esistenza.