EFFETTO MATILDÆ

EFFETTO MATILDÆ – PUNTATA 1

Who the f**k is Matilda?

 “Mentre si dice così tanto dell’intelletto inferiore della donna, è per una strana assurdità ammesso che moltissimi uomini eminenti devono il loro posto nella vita alle loro madri.”

 Ed è con queste parole della nostra prima “ospite” che inauguriamo ufficialmente la Rubrica Effetto Matildæ, la quale prende in prestito il nome dal fenomeno coniato dalla storica Margaret W. Rossiter fra gli anni 80 e 90 del ‘900, con il quale si indica un pregiudizio di genere che ha portato nel corso della storia alla sistematica attribuzione parziale o totale dei lavori di ricerca svolti da donne, con i relativi successi e meriti, ai colleghi di sesso maschile. Pregiudizio quanto mai attuale, anche se in forma più “lieve” grazie all’enorme sforzo svolto da varie figure (per lo più femminili) che hanno lottato e urlato per riprendersi ciò che di diritto era loro. Ma partiamo dal principio: Who the f**k is Matilda?

Matilda J. Gage, classe 1826, ha dedicato la sua intera vita ai diritti umani e delle donne. Ereditò dal padre sia l’abolizionismo, aiutando i clandestini in fuga dalla schiavitù (sia la sua casa di nascita che quella da donna sposata furono stazioni della Underground Railway, rete sotterranea di percorsi e luoghi sicuri, percorsi dagli schiavi per arrivare in Stati liberi come Canada e Messico) e sostenendo le rivendicazioni dei nativi americani, che l’anticlericalismo, denunciando gli abusi subiti da donne e bambini per mano della chiesa. Per questi sin da giovanissima affrontò sanzioni e pene detentive. A seguito della sua partecipazione alla 3° riunione della Convenzione per i Diritti delle Donne, sposò per il resto della sua vita la causa del diritto al voto per le donne e del riconoscimento dei loro meriti, fondando non una ma ben due associazioni nazionali per il suffragio femminile (la NWSA – National Woman’s Suffrage Association e, a seguito della fusione di quest’ultima con la più conservatrice AWSA – Amercan Women Suffrage Association, la WNLU – Woman National Liberal Union), pubblicando opuscoli, testi e curando personalmente alcuni degli articoli presenti nei giornali ufficiali delle associazioni (The Revolution, National Citizen and Ballot Box).

Matilda’s Legacy

Vorrei davvero raccontarvi ogni minimo dettaglio della vita di Matilda che, in un periodo storico in cui le donne contavano quanto un due di Briscola, ha urlato, lottato e subito pene per ottenere un diritto che a noi donne contemporanee viene concesso con la semplice nascita, ma le informazioni storiche sono di pubblico dominio e lungi da me ricordarvi le soporifere lezioni di storia del liceo. Ho pensato quindi di riassumervi i fatti salienti nella seguente timeline e di spostare il focus su quanto Matilda ci ha lasciato, dato che lei stessa morì prima di vedere concretamente ciò per cui aveva lottato (l’estensione del voto alle donne bianche avverrà solo nel 1920), e per renderle il protagonismo che merita.

In primis sicuramente i suoi scritti, tanti quanti sono i temi trattati. Sin dalla giovinezza, seguendo le orme del padre, Matilda ha affrontato duramente la questione della chiesa cattolica, che al tempo era di dominio maschile: vedeva nella chiesa, nei suoi predicamenti, nelle sue pratiche l’origine primaria della sottomissione della donna all’uomo. La dottrina cattolica al tempo dipingeva la donna come inferiore all’uomo a livello morale ed era considerata, a prescindere, una peccatrice: tutto questo si traduceva in pratiche opprimenti. Questa tematica, unita ad una necessaria netta separazione fra Stato e Chiesa, è la protagonista in “Woman, Church and State” (1883), libro frutto di 20 anni di ricerca che ripercorre l’intrinseco legame causale che c’è fra la discriminazione delle donne, la storia del Cristianesimo e la formazione ed evoluzione dello Stato occidentale e documenta tutti quei sistemi di dominazione patriarcale che avevano soggiogato le donne, con l’obiettivo finale di dimostrare che solo tramite un’integrale rivoluzione e riforma delle istituzioni fondamentali della società avrebbero permesso di godere della parità di diritti. All’interno troviamo esplicitate su carta preoccupazioni dell’autrice riguardo al trattamento disparitario che veniva riservato a prostitute e clienti, la non condanna o il perdono degli stupri (anche di minori), la differenza retributiva fra uomini e donne, il maltrattamento domestico…non so a voi, ma a me suona tutto molto familiare.

Altro giro, altra corsa, altro testo. Quando Matilda divenne editrice e curatrice del The National Citizen and Ballot Box, dedicò sempre uno spazio nel giornale al racconto della vita di donne oscurate da uomini a loro vicini: mariti, fratelli, colleghi, con l’obiettivo di render finalmente loro il merito a cui avevano diritto. Spesso queste donne appartenevano alla comunità scientifica, donne che avevano scoperto o inventato qualcosa di sensazionale, pur non avendo avuto accesso ad un’istruzione adeguata, pagando lo scotto semplicemente del loro sesso. Da queste ricerche e prime pubblicazioni nasce “Woman as Inventor” (1870), un testo che racchiude una serie di saggi in cui Matilda cita nomi di donne illustri e rende note le loro vite, i loro sacrifici, i loro studi e i loro risultati, denunciando per la prima volta in maniera indelebile come un pregiudizio di genere abbia leso la loro carriera. Questo pregiudizio ha continuato ad accompagnare donne nel corso della storia ed ancora permane, tutelando la credenza sociale de “la scienza non è roba da donne”. Ne sono conferma i dati Istat del 2017 per cui su circa 150000 studentesse immatricolate nelle università nazionali, solo il 13% ha scelto una facoltà STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) e su circa 180000 di esse che si laureano, solo il 7,58% conclude il percorso in una delle discipline suddette. Ma dal 2017 al 2021 qualcosa sarà pur cambiato? Vi chiederete. La risposta ce la fornisce il “Report 2020 sul Gender Gap nelle facoltà STEM” di Assolombarda: il numero delle ragazze iscritte a facoltà STEM è rimasto invariato, la % di ragazze che hanno scelto facoltà STEM è aumentata solo del 6% a fronte di un aumento di quasi l’8% dei ragazzi e nell’ultimo hanno il 62% delle ragazze ha preferito materie umanistiche rispetto alle STEM. “La matematica non sarà mai il mio mestiere” diceva il buon vecchio Venditti, e per quanto io sia altamente affine a questa sua credenza, ci sono molte ragazze fuori che invece vorrebbero fare della matematica o delle scienze o dell’ingegneria la loro carriera ma sono frenate da un condizionamento familiare e sociale, da pregiudizi di genere sia in ambito accademico che successivamente lavorativo (stipendio inferiore e minor potere contrattuale rispetto ai colleghi uomini, scelta obbligata fra maternità o carriera con rallentamenti di quest’ultima e addirittura licenziamenti). Quanto spesso ancora si sentono notizie di scoperte scientifiche di rilevanza mondiale passate sottovoce, o trasmesse errate nel titolo e nel contenuto? Quanti nomi di scienziate sono stati cambiati in “una donna (eventualmente anche madre, non sia mai che non si sottolinei comunque il nostro ruolo primario) ha scoperto…”? Quante donne si sono spente senza che i loro successi venissero loro riconosciuti, che le loro opere/invenzioni/tecniche venissero associate al loro volto?

Noi di Collettivæ ci sentiamo in dovere attingere alla storia di Matilda, di portarla alla luce insieme a quelle di tutte le donne che siano state oscurate, in modo che niente di tutto questo possa accadere in un futuro, speriamo il più prossimo possibile. 

Marta Fornaciari

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Outsider di nascita. Recito perché non so scrivere articoli.
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