Dopo le innumerevoli strumentalizzazioni circa il femminicidio della giovane Abbas, vogliamo, in questo articolo, trattare il fatto per quello che è: un caso di cronaca nera, rettificando e facendo venir meno tutte le dicerie e false informazioni che lo hanno circondato.
Per farlo è doveroso ripercorrere in breve le tappe salienti della vicenda.
Novellara – Reggio nell’Emilia, tutto inizia a novembre 2020, quando Saman Abbas denuncia i genitori che volevano obbligarla a sottostare ad un matrimonio combinato che si sarebbe dovuto svolgere nel mese di dicembre, con Abbas ancora minorenne.
A seguito della denuncia da parte della giovane, i servizi sociali territoriali dell’Area Minori si sono subito attivati e hanno provveduto a collocarla presso una casa protetta.
Compiuti i 18 anni, le cose iniziano a cambiare poichè, in quanto maggiorenne, nessuno può obbligare Saman Abbas a rimanere nella casa protetta ne impedirle di riavvicinarsi alla sua famiglia.
Tra l’11 e il 14 aprile, la ragazza torna presso la casa familiare al fine di riavere i suoi documenti, trattenuti dai genitori sin dal suo allontanamento. Abbas denuncia il fatto il 22 aprile, ed è in tali circostanze che le autorità vengono a sapere che la giovane è tornata presso la famiglia.
Anche se maggiorenne, sia i militari che i servizi sociali cercano di farle cambiare idea, di farla tornare nella comunità protetta proprio perché consci del possibile pericolo che Abbas stava correndo, ma la giovane decide di restare.
Il 29 aprile, 3 uomini (poi identificati come lo zio e i cugini di Abbas) vengono filmati dalle camere di sicurezza mentre escono da un’azienda agricola con badili, piedi di porco e sacchetti di plastica. I 3 vengono ripresi dalle stesse telecamere dopo 2 ore, e da ciò gli inquirenti deducono la premeditazione del delitto. Si ritiene infatti che nelle due ore i tre abbiano predisposto il sito dove è poi stato occultato il cadavere della giovane Abbas.
Il 30 aprile 2021 alle 23:30, Saman Abbas invia al suo ragazzo un ultimo messaggio.
La ragazza aveva ascoltato delle telefonate fatte dalla madre e sospettava che i membri della sua famiglia avrebbero provato ad ucciderla, perciò scrive al fidanzato di avvertire le autorità se non si fossero sentiti nelle successive 48 ore. Mezz’ora dopo, a mezzanotte, Abbas litiga con la famiglia e scappa di casa, il padre chiama lo zio dicendo di riportarla indietro anche contro la sua volontà; lo zio va e dopo poco torna, dicendo che è stato tutto sistemato.
Il 1 maggio 2021 i genitori di Abbas fanno rientro in Pakistan, con due biglietti aerei acquistati il 29 aprile, stesso giorno in cui le videocamere di sorveglianza riprendono lo zio e i cugini; questo è un ulteriore dato che fa sospettare gli inquirenti della premeditazione del reato.
Il 5 maggio 2021 i militari vanno a perquisire la casa degli Abbas alla ricerca dei documenti della giovane, spinti dalla segnalazione del fidanzato di Abbas e dall’allarme lanciato dalla casa protetta, che non avevano più, da diversi giorni, notizie della ragazza.
Il 10 maggio 2021, Danish Has Nein, Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz, rispettivamente zio e cugini di Abbas, vengono fermati a Imperia insieme al fratello della vittima, quest’ultimo, collocato poi in casa protetta in quanto ha testimoniato contro lo zio che gli aveva confessato di aver commesso il delitto.
Il 25 maggio 2021 la stampa parla per la prima volta di Abbas, quasi un mese dopo l’avvenimento dei fatti.
Il 29 maggio 2021 la testata “Il Resto del Carlino” telefona al padre di Abbas il quale riferisce che la figlia sarebbe viva e vegeta e si troverebbe in Belgio, dichiarazione poi smentita dalla Procura.
Il 30 maggio 2021 viene arrestato in Francia uno dei due cugini, ad oggi Ikram Ijaz si trova nel carcere di Reggio Emilia.
Siamo al 10 giugno 2021, giorno che il padre di Abbas aveva indicato come data del suo ritorno in Italia, ritorno che non è ancora avvenuto e si sta attendendo un mandato di arresto internazionale per i familiari che hanno fatto ritorno in Pakistan.
Ripercorrendo la linea del tempo di questo fatto di cronaca, ritroviamo dei punti comuni (purtroppo) a tante altre storie e culture: una giovane in fuga per la sua libertà che si trova a scappare, per costruirsi un futuro, proprio da coloro che avrebbero dovuto aiutarla a gettarne le fondamenta.
Agli inquirenti rimane un grande dubbio: perché Abbas è tornata a casa?
Noi non vogliamo addentrarci nelle motivazioni che l’hanno spinta a fare ritorno dalla sua famiglia. Abbas non è qui per spiegarlo e non è compito nostro, né di politici o giornalisti, trovare una motivazione a tutti i costi. Resta il fatto che per lei quella famiglia era la sua Famiglia, e purtroppo, come abbiamo imparato da fatti analoghi a quello di cui stiamo narrando, i femminicidi avvengono spesso tra le mura di casa, indipendentemente dalla cultura e dalla religione vissute fra quelle mura.
In chiusura, ci sentiamo di affermare che, ad oggi, più che chiederci dove siano state nel caso Abbas le femministe, dovremmo chiederci perché e come è possibile che lo zio e il secondo cugino siano, ad oggi, ancora latitanti.
Aurora Bui, Elisa Alvelli