Lo scorso mese, noi di Giuridicae vi abbiamo presentato il nostro primo caso concreto, il femminicidio di Sarah Everard, un fatto di cronaca che è stato davvero molto significativo per il nostro Collettivo. Visto il grande entusiasmo con cui l’articolo è stato accolto, abbiamo deciso di riproporvi un altro caso concreto per il mese di Novembre.
Un fatto di cronaca nera estremamente celebre, nonché uno dei processi che ha sconvolto maggiormente l’Italia del secolo scorso: il massacro del Circeo. I fatti di cui trattiamo si svolsero a San Felice Circeo, nel 1975, tra la sera del 29 e del 30 Settembre. Due giovani amiche, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, vennero invitate da due ragazzi, Gianni Guido ed Angelo Izzo, a passare la serata ad una festa nella villa del loro amico Andrea Ghira, che li avrebbe raggiunti in un secondo momento. Rosaria e Donatella accettarono, ma quella che era iniziata come una spensierata serata in compagnia, si trasformò in un teatro di torture. Infatti, alla richiesta delle due giovani di fare ritorno a Roma, i due iniziarono a mostrarsi violenti, intimarono loro di spogliarsi, minacciandole con un’arma da fuoco.
Ebbero così inizio torture e sevizie che durarono 30 ore consecutive. 30 ore in cui le due ragazze vennero picchiate, violentate e massacrate. Rosaria morì (l’autopsia indicava morte per annegamento) mentre Donatella riuscì a sopravvivere fingendosi morta dopo un estenuante tentativo di strangolamento. I ragazzi infatti, dopo aver compiuto il massacro, tornarono a Roma, parcheggiarono l’auto in Via Pola e si recarono in un ristorante poco lontano. Fu proprio quando Donatella sentì allontanarsi le loro chiacchiere e risate che iniziò a picchiare sul cofano della macchina dove era stata abbandonata assieme al cadavere dell’amica. Un uomo che sentì i suoi lamenti diede l’allarme e finalmente Donatella fu liberata. L’immagine di Donatella che esce dal bagagliaio ricoperta di sangue è stata una delle più impattanti di quegli anni e ancora oggi il simbolo di quella tragedia.
Gli autori del massacro vennero identificati in poco tempo. Parliamo di Angelo Izzo (20), Gianni Guido (19) e Andrea Ghira (22). Izzo e Guido vennero arrestati, accusati di omicidio volontario e altri reati tra cui “violenza carnale e sequestro di persona”. Ghira sfuggì alla cattura ed al processo; l’accusa accennò il sospetto che fosse stato avvertito ed aiutato a fuggire. I tre ragazzi appartenevano ad abbienti famiglie romane, bene inserite nel contesto sociale, ed erano istruiti. Erano già noti come picchiatori fascisti e responsabili di violenza carnale, reati e furti.
Il processo di primo grado si svolse nel luglio del 1976 e i giudici condannarono i tre imputati (di cui Ghira contumace) all’ergastolo. Nel 1980 la Corte d’Assise di Roma confermò la condanna all’ergastolo per Ghira e Izzo, ma ridusse a 30 anni quella di Guido, dal momento che gli vennero riconosciute le attenuanti generiche, grazie al risarcimento che la sua famiglia dispose in favore della famiglia Lopez. L’anno successivo le condanne vennero confermate dalla Cassazione.
Il delitto del Circeo ha sconvolto e indignato più di una generazione di donne, e in generale tutto il Paese, per anni e anni. È una vicenda che ha portato nelle case degli italiani la consapevolezza che la violenza, l’odio e il disprezzo per le donne avessero raggiunto un livello terribile e impensabile. Le modalità incredibilmente cruente del delitto, l’insensibilità e la mancanza totale di compassione dei tre ragazzi, la follia omicida, ed anche il fatto che le vittime fossero due ragazze giovanissime nelle quali era facile identificarsi, hanno contribuito a far sì che questo episodio rimanesse vivo nella memoria collettiva fino ai giorni nostri.
Un mese fa se n’è tornato a parlare grazie al film “La Scuola Cattolica” di Stefano Mordini, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e tratto dall’omonimo romanzo di Edoardo Albinati, vincitore del Premio Strega nel 2016. Mordini all’Ansa ha detto che nel film sono centrali l’ambiente, la società borghese del tempo e soprattutto il sapere che si sarà impuniti per così tanta violenza perché qualcuno ti aiuterà con i soldi e la posizione sociale.Infatti in tutta questa vicenda non si può non notare che al Circeo la violenza fu anche e innegabilmente politica e di classe, visto che i tre ragazzi frequentavano gli ambienti dell’estrema destra.
Fece scalpore il fatto che i tre responsabili del crimine fossero non dei maniaci o degli squilibrati ma dei ragazzi “per bene”, ben vestiti, di buona famiglia e che avevano frequentato le scuole migliori. Per la prima volta fu chiaro a tutti che il movente che si celava dietro la violenza non era il desiderio sessuale, ma il potere: era il potere che aveva spinto quei tre “bravi” ragazzi a pensare di poter disporre come volevano del corpo delle due ragazze, ed era sempre il potere che li aveva convinti di poter restare impuniti, pensando di avere le spalle coperte.
Anche i giudici stessi durante il processo dissero: “Questo è il delitto del più forte sul più debole, del maschio sulla femmina, del ricco sul povero, del giovane dei Parioli su quello delle borgate”. Il delitto del Circeo ha rappresentato sicuramente un punto di svolta per la lotta femminista perché è proprio da questo terribile femminicidio che si sono poste le basi per modificare la legge sullo stupro, all’epoca ancora reato contro la morale pubblica.
Dopo circa 20 anni finalmente si arrivò a dire che lo stupro non era un’indecenza contro la morale pubblica, ma un crimine contro la persona. Ha rappresentato un punto di svolta anche perché per la prima volta al processo si costituirono parte civile diverse associazioni femministe per mostrare tutto il loro sostegno a Donatella, presentandosi in massa alle varie udienze e facendo pressione per avere giustizia.
In realtà Donatella nel corso degli anni ha dimostrato più volte la sua indignazione intanto nei confronti della stampa e dei giornalisti, colpevoli di aver pubblicato su tutte le prime pagine la foto di lei sconvolta, seminuda e con la faccia sporca di sangue che esce da quel bagagliaio, e anche le altre foto scattate in ospedale. Quelle foto rappresentavano un orrore e, pubblicate per dar sfogo alla curiosità pubblica, l’hanno tormentata per tutta la vita. Sembrava quasi che senza quelle foto non si potesse credere alla sua versione dei fatti. Ma anche e soprattutto Donatella ha rivolto la sua indignazione verso i movimenti femministi che, trasformandola in una sorta di eroina, venivano da lei accusati di aver strumentalizzato il suo dolore per delle lotte che non le appartenevano. Non le piacque mai diventare emblema di emancipazione e di sopravvivenza, e infatti non si fece mai rappresentante di un tema così importante come la violenza sulle donne, come invece gli altri si aspettavano. Nell’Agosto del 1993 dichiarò all’Ansa: “Parlate del Circeo, non di me. Io voglio solo essere lasciata in pace”, aggiungendo – di nuovo – che non voleva fossero diffuse sue vecchie fotografie.
Si è battuta per avere giustizia, ma alla fine voleva semplicemente essere felice e cercare di dimenticare.
Aurora Bui, Emma Ciofini, Isabella Cuseri