“Ora camminiamo per la stessa strada a due a due, vestite di rosso, e nessun uomo ci grida oscenità, ci parla, ci tocca. Nessuno fischia. Esiste più di un genere di libertà, diceva Zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia, c’era la libertà di. Adesso ci viene data la libertà da.”
La prima volta che ho letto questo romanzo mi sono spaventata. L’estrema accuratezza dei dettagli, il ritmo incalzante della narrazione, il brutale realismo delle descrizioni: tutto ti porta a pensare che, da un momento all’altro, possa accadere davvero.
Nella primavera del 1984 Margaret Atwood si trova a Berlino Ovest ed è proprio in quell’occasione che inizia la stesura del suo romanzo. Il contesto storico della Guerra Fredda influenzò notevolmente le sue ambientazioni (il Muro dei cittadini giustiziati, l’organizzazione Occhi, etc.) e il secolo delle dittature fu fonte d’ispirazione per la creazione della Repubblica di Gilead, teocrazia puritana fondamentalista che fa da sfondo alla nuova società degli Stati Uniti.
Il flusso narrativo è ipnotico, perché nulla di ciò che viene raccontato è inventato. La Atwood si pose come obiettivo quello di utilizzare elementi, eventi e luoghi che fossero realmente esistiti, anche se in epoche o contesti diversi, consapevole che non ci fosse nulla di più spaventoso del potenziale umano: il potere della politica sul corpo delle donne, la strumentalizzazione della fertilità, le discriminazioni di un sistema di caste, le ingiustizie di un regime totalitario e, ultima ma non per importanza, la negazione dei diritti fondamentali.
All’interno di questa nuova società le Ancelle, le uniche in grado di procreare in seguito al disastro ambientale che ha colpito tutto il mondo, si ritrovano a condurre una vita di silenzi e attese. Non gli è permesso parlare, leggere o svolgere qualsiasi tipo di attività, ma solo asservirsi agli stupri, travestiti da onore per il ruolo di conservatrici della specie.
L’atmosfera è annebbiata, lenta; non vi è alcuna possibilità di non adempiere al proprio destino (biologico, ndr) e la perversione violenta del sistema contrasta alla perfezione con le frequenti scene di vita bucolica, quasi a infastidire chi legge.
Ci si sente in soggezione di fronte all’impossibilità di reagire ed è profonda l’inquietudine nel percepire questa realtà futura come potenzialmente simile al nostro presente.
E in effetti la forza della distopia sta proprio qui: nel rappresentare le paure e le ansie che quotidianamente sperimentiamo e trasformarle in una dimensione concreta e crudele; se a questo aggiungiamo la scrittura caustica di una delle migliori narratrici degli ultimi cinquant’anni, il risultato non può che essere un romanzo pluri-tematico dall’inesauribile potere riflessivo.
La storia in breve: nel contesto di un disastro ambientale mondiale, gli Stati Uniti sono diventati un regime totalitario e mono-teocratico, in cui il ruolo delle donne, divise in caste, è stabilito a partire dalle loro funzioni riproduttive. Le Ancelle, vestite con lunghi abiti rossi e copricapo, sono le uniche donne ancora fertili e vivono in una dimensione di prigionia, assecondando i bisogni di conservazione della specie dell’élite. La fertilità è una condanna, lo stupro sopravvivenza e la vita precedente – cioè quella in cui le donne ricevevano un’istruzione, potevano fare carriera e crearsi una famiglia – un ricordo. La voce narrante è quella di Offred (Difred, lett. “di proprietà di Fred”), un’ancella al servizio del Comandante Fred e di Serena Joy, la moglie, che è a conoscenza di una irrivelabile verità. Le vicende di Offred e dei personaggi principali porteranno ad un epilogo fortemente interpretativo e angosciante, e la realtà, la nostra realtà, non sembrerà più la stessa.
Il lavoro della Atwood rappresenta a pieno, in chiave narrativa, le convinzioni dellae Collettivae: nessuna conquista è definitiva.
Continuare a lottare per ogni diritto significa interrompere la ciclicità degli errori storici ed evitare che ciò che è successo in passato possa accadere di nuovo.
Gloria Gori