PLÆLIST

June – Florence + The Machine

The show was ending and I had started to crack

Woke up in Chicago and the sky turned black”


Un’intro composta solamente dal basso, cadenzato e fisso sulla nota di Fa, e dalla voce ultraterrena di Florence Welch apre questo pezzo, “June”, opening track di “High as Hope”, quarto album studio del progetto Florence + The Machine, uscito per la EMI Virgin Records il 29 Giugno 2018, data certo non casuale, poiché immediatamente successiva alla ricorrenza della Giornata Mondiale per l‘Orgoglio LGBT e all’anniversario dei Moti di Stonewall.
E’ il 12 Giugno 2016, quando Florence Welsh apprende la notizia della Sparatoria di Orlando, consumatasi all’interno del gay club Pulse per mano del ventinovenne statunitense Omar Seddique Mateen, che mieterà ben 50 vittime. L’evento, il secondo mass shooting per numero di vittime in America, scuote la comunità internazionale, ponendo nuovamente l’attenzione sul sempiterno problema della liberalizzazione delle armi negli Stati Uniti, oltre a quello del terrorismo di matrice omofobica. Quella stessa sera Florence sta tenendo un concerto all’Hollywood Casino Amphitheatre di Tinley Park, cittadina della Contea di Cook, proprio a sud di Chicago. Il cielo scuro che il mattino dopo la sveglia sembra contenere una sorta di presagio.


“And you’re so high, you’re so high, you have to be an angel

And I’m so high, I’m so high, I can see an angel”


Versi ambivalenti, riferibili tanto ad un moto ascensionale verso il cielo, metafora della trasformazione delle anime delle vittime in angeli, quanto ai problemi di dipendenza di cui la cantante ha sempre apertamente parlato, tendenti a ripresentarsi facilmente in situazioni così drammatiche. 

Quando cita:
“Those heavy days in June

When love became an act of defiance”


Florence si riferisce tanto all’episodio del Pulse, quanto ai Moti di Stonewall del 1969, la più grande protesta per i diritti LGBTQI+ mai avvenuta in America, originata da una serie di scontri tra gruppi omosessuali e polizia di New York, irrotta, come spesso accadeva nel corso degli anni ’60, nello Stonewall Inn del Greenwich Village. La circostanza segnerà la fine degli abusi della polizia nei confronti della comunità gay di New York, e verrà meritevolmente assurta a evento simbolo del Movimento di Liberazione Gay, prima in America e poi nel resto del mondo.


“Hold onto each other”


Il ritornello, delicatamente, esplode, preceduto da campionamenti elettronici che rimandano al suono delle ambulanze e sostenuto dal fraseggio solenne del pianoforte e dall’accompagnamento ritmico della possente batteria, in questo inno materno, perfettamente incarnato dalla voce quasi sacerdotale di Welch, di solidarietà e lotta contro quell’odio ancora così fortemente radicato nell’esistenza umana.


“And choirs sing in the street

And I would come to you

To watch the television screen

In your hotel room

I’m always down to hide with you”

Gemma Bui

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About Gemma Bui

A sei anni comincio la mia rivoluzione di ‘femmina che suona la batteria’. Nel tempo libero suono, scrivo, gioco a calcio e contemplo il lato luminoso delle cose.
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