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MAID

Another kind of American Dream.

Ha appena superato i 67 milioni di spettatori, diventando la miniserie Netflix più vista di sempre: parliamo di “Maid”, tratta dal best seller di Stephanie Land “Donna delle Pulizie – Lavoro duro, paga bassa e la volontà di sopravvivere di una madre”.

Protagonista di questa serie da 10 episodi è la giovanissima Alex, interpretata da Margareth Qualley (già conosciuta per il suo ruolo in “C’era una volta Hollywood” di Tarantino), che porta sulla scena una madre ventiduenne in fuga con la figlia dal compagno, violento e alcolizzato.

Già dalla prima puntata Alex ci mostra con una disarmante e cruda praticità, i passi che ogni giorno migliaia di donne vittime di violenza domestica, sono costrette a compiere per ricostruire una vita per sé e i propri figli. Da un primo passaggio ai servizi sociali, alla ricerca di un lavoro, per arrivare infine alle case rifugio, Maid riporta fedelmente in scena il percorso seguito dalle vittime di violenza domestica e le necessità concrete che si trovano a fronteggiare: in primis i soldi, e la loro mancanza. Il primo passo compiuto da Alex nella costruzione della sua nuova vita, è appunto la ricerca di un lavoro. Lo trova grazie ad un annuncio come donna delle pulizie alla “value maids”, impresa con a capo una proprietaria priva di qualsiasi empatia o comprensione.

Da qui inizia il percorso di riscatto personale di Alex, che grazie alle vite e alle storie dei suoi clienti riuscirà a migliorare la propria. La forza della serie sta nel saper affrontare i molteplici aspetti legati alla violenza domestica, due in particolare fondamentali e molto forti: il primo, è il lento realizzare da parte della protagonista di essere stata vittima di violenza, e il secondo, lo smisurato potere dei soldi e la violenza economica che ne discende. Alex non è mai stata picchiata dal compagno e per questo non ritiene di essere una vittima. Pensa che la sua esperienza con la violenza sia stata molto meno cruenta rispetto a quella di altre donne e così la minimizza.

Solo andando avanti nel corso della storia, sia la protagonista che il pubblico, realizzano che vittima lo è stata eccome, ma raggiungere questa dolorosa consapevolezza è davvero una insidiosa strada in salita. L’ altro aspetto che colpisce è il fatto che in questa serie ad essere centrale è un tema ancora troppo poco rappresentato: la violenza economica. Maid ci mostra che i soldi non sono mai solo soldi ma, sempre e inevitabilmente, anche il mezzo con cui una donna si assicura l’indipendenza e la libertà per sé e per i propri figli.

La serie è davvero riuscita grazie alla straordinaria performance di Margareth Qualley che porta in scena una protagonista piena di dignità. Non c’è un filo di autocommiserazione in Alex nell’affrontare, una dopo l’altra, tutte le sventure che la vita le presenta. Non c’è ombra di autocompiacimento nel suo avanzare nel riscatto di una vita migliore. Alex non si lamenta e non si loda, non condanna e non si condanna, e se lo fa è per imparare la lezione ed andare avanti nel suo percorso.

Alex non si sente piena di coraggio, è semplicemente una ragazza che ama sua figlia e la vita, senza aspettarsi mai che questa debba necessariamente essere facile. È un personaggio di rara potenza quello che interpreta la straordinaria e talentuosissima Qualley ed anche gli altri personaggi sono davvero ben riusciti. In tutti loro, meschinità e pregi s’intrecciano e le loro contraddizioni predispongono all’empatia piuttosto che al giudizio.

Riuscitissima anche la scelta delle colonne sonore, che ben accompagnano la narrazione, intercettando e incarnando perfettamente il mood della serie: sia per quanto riguarda il main theme originale, composto dai musicisti Este Haim e Cristopher Stracey, che per la selezione di brani, che, tra gli altri, annovera Sharon Van Etten, Salt-n-Pepa, Haim, Thom Yorke.

Maid appassiona, perché ben scritto e ben recitato, perché porta in scena una storia reale, che passa anche attraverso la richiesta d’aiuto e la costruzione di una rete di solidarietà femminile, perché mostra la scalata verso un obiettivo duro, ma possibile, che si realizza grazie alla risoluzione concreta di problemi pratici, affrontati sempre con determinazione e mai con rassegnazione.

Insomma, Maid è assolutamente da vedere perché è un’illuminante storia di riscatto personale e un fedele spaccato di ciò che il sistema americano offre davvero alle vittime di violenza domestica per tornare a vivere.

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About Gemma Bui

A sei anni comincio la mia rivoluzione di ‘femmina che suona la batteria’. Nel tempo libero suono, scrivo, gioco a calcio e contemplo il lato luminoso delle cose.
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