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The Handmaid’s Tale

Il racconto dell’Ancella, Bruce Miller 

Tratta dall’omonimo romanzo di Margaret Atwood e plasmata da un’idea di Bruce Miller, The Handmaid’s Tale fa il suo ingresso nel 2017 sulla piattaforma vod di Hulu, dove riceve, sin dal primo episodio, il pieno accreditamento da parte dell’utenza e della critica.

L’entusiasmo del pubblico è tale da garantire l’uscita della seconda stagione in un tempo relativamente breve (considerando la complessità della sceneggiatura e della regia, ndr) e senza il supporto continuativo della fonte letteraria.

E’ solo la prima stagione, di fatti, quella ricalcata dall’opera della Atwood e la risonanza della piena libertà creativa si percepisce da nuove intersezioni di trama e personaggi, in un’ascesi caotica di temi e critiche sociali estremamente statiche e ridondanti.

Ma facciamo un passo indietro.

La storia in breve: in un catastrofico futuro non troppo distante dal nostro presente, gli Stati Uniti hanno istituito un regime teocratico totalitario, all’interno del quale la nuova società è divisa in caste. Tra queste, quella delle Ancelle, le uniche donne rimaste in grado di procreare e circoscritte a due ruoli soltanto: quello materno, nel senso più biologico del termine, e quello sessuale. Nel nuovo mondo non c’è spazio per una donna che vuole istruirsi o emanciparsi, e le relazioni interpersonali sono regolate da severe norme religiose e liberticide. Offred, la protagonista, appartiene al Comandante Fred Waterford e alla moglie Serena Joy, caustica donna vittima e carnefice del perverso sistema della Repubblica di Gilead; nel barbaro susseguirsi di stupri e punizioni per la propria infertilità, la ragazza incontra personaggi che, nel finale della serie, contribuiranno a capovolgere il racconto.

L’estrema aderenza della prima parte della serie con il suo corrispettivo letterario ci permette di tracciare nitidamente il contesto sociale e l’indeformabile sistema di suddivisione in classi all’interno del quale si muovono i nostri personaggi; e questo, oltre a garantirci sin da subito un chiaro sfondo di critica e denuncia, regala all’utenza una chiave di lettura – fin troppo rigida – dell’evoluzione della serie: quella femminista.

Puntata dopo puntata ci si accorge della dittatura tematica, fino a perderne il controllo dalla seconda parte in poi; il ruolo di genere, l’oggettivazione e sessualizzazione del corpo, la misoginia, la violenza, il fanatismo religioso, etc., restano così in primo piano, tanto da inglobare la trama, che diventa sempre più sovversiva rispetto alle regole del mondo che la sceneggiatura stessa ha creato.

L’empatia verso i personaggi si interrompe.

June (Offred) donna emancipata, viene resa schiava e costretta alla sottomissione da torture e stupri della classe dominante e sceglie di sopravvivere adeguandosi al sistema; l’abitudine al servilismo e alla compiacenza fanno crescere in lei il rancore e il disprezzo verso il mondo, sentimenti che talvolta rischiano di trasformarsi in caratteristiche piuttosto che in spiragli di ribellione. 

E la falla nel flusso narrativo sta proprio nella polarizzazione della parte iniziale e quella finale della serie: da un lato, l’estrema fedeltà ai sistemi sociali e culturali che permette di proiettare in chi guarda la sensazione di disagio e di inquietudine dei personaggi; dall’altro, la continua rottura degli schemi senza evoluzione tematica.

A pieni voti, invece, superano il test la regia e la fotografia: entrambe rigide, entrambe agghiaccianti, entrambe profondamente distopiche. La palette di colori e la scelta del rosso per le ancelle mettono in risalto l’inadeguatezza della categoria rispetto al nuovo mondo; la musica, a tratti contrappuntistica in relazione alla narrazione, proviene da un repertorio estremamente contemporaneo, e non può che evidenziare il continuum temporale tra quella società e la nostra.

Come Collettivae vogliamo proporvi materiali che garantiscano un certo risveglio di coscienza: The Handmaid’s Tale rappresenta per noi un pilastro di educazione alternativa e un reminder per non dimenticarci che, purtroppo, nessuna libertà è così inviolabile.

Gloria Gori

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Multipotenziale: faccio tutto ma non sono brava in niente. Non mangio animali, li coccolo e basta. Lotto per chiunque ne abbia bisogno.
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