Nel mese di marzo si è parlato tanto di una certa sedia mancante, ovvero quella di Ursula von der Leyen, presidente dell’Unione Europea, che Erdogan, presidente della Turchia, ha deciso di non predisporre per l’incontro fra Turchia ed Europa. A seguito dell’uscita della Turchia dalla convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e sui bambini e le poco felici dichiarazioni riguardanti il genere femminile, è stato lampante e chiaro che Erdogan non abbia preparato una sedia per la von der Leyen in quanto donna, genere reputato dal presidente della Turchia come inferiore.
Qui una foto di Erdogan con le stesse identiche cariche, 6 anni fa: lui al centro e alla sua sinistra il Presidente del Consiglio Europeo Tusk e alla sua destra il Presidente del Consiglio Europeo Juncker. Ovviamente la vicinanza non può essere discussa (in quanto ancora vigenti i distanziamenti anti-contagio), ma come possiamo ben vedere le tre sedie ci sono.
In questo pezzo non parleremo del Sofagate in sé, ormai già ampiamente trattato da molte testate nei mesi precedenti, ma vogliamo parlare della risposta della Presidente data durante l’assemblea plenaria del 26 Aprile, risposta che dai media italiani non è stata molto tratta (per non dire glissata totalmente). Un estratto è presente anche nelle IGTV del profilo della von der Leyen, qui riportiamo la traduzione di alcuni pezzi secondo noi salienti.
Von der Leyen specifica subito dalle prime battute che durante l’incontro con la Turchia non è stata trattata all’altezza della sua carica e che ciò “è accaduto perché sono una donna”. Esattamente come riportato nella foto sopra, von der Leyen sottolinea come nei precedenti incontri con Erdogan, il presidente della commissione europea sia sempre stato trattato rispettandone l’autorità.
“Molti di voi avranno avuto esperienze abbastanza simili a questa, specialmente i membri femminili del parlamento sanno esattamente, ne sono sicura, come mi sono sentita: ferita e lasciata da sola, come donna e come europea. […] Questo (evento) dimostra quanto ancora dobbiamo andare avanti prima che le donne siano trattate equamente”.
Von der Leyen riconosce il suo ruolo da privilegiata, il video del suo sgomento ha fatto il giro del mondo in pochi secondi, ma sottolinea che purtroppo “milioni di donne” non hanno la voce e la risonanza che ha lei e che non hanno il privilegio e il potere di “alzare la voce, farsi sentire”.
“Migliaia di incidenti come questo, alcuni nettamente più seri, rimangono nell’ombra. Nessuno li potrà mai vedere o sentire, perché non vi è alcuna camera, perché nessuno vi presta attenzione. Dobbiamo assicurarci che anche queste storie siano narrate e che nello stesso momento in cui lo sono, venga fatto qualcosa.”
Dopo aver espresso la sua delusione nel non-progresso verso la parità di genere, von der Leyen ricorda non solo quanto sia stato grave che la Turchia abbia abbandonato la convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e i bambini, ma che alcuni stati membri non l’abbiano ancora firmata e alcuni stiano pensando di abbandonarla. “La violenza sulle donne e i bambini è un crimine e deve essere punito come tale. È per questo che voglio che l’Unione Europea in sé sottoscriva la convenzione, questa rimane una priorità della mia presidenza.”
Nel momento in cui in Italia il disegno di legge Zan è sulla bocca di tutti e tutte, la presidente della commissione vuole estendere la lista dei crimini europei a tutti i tipi di crimine di odio, affinché donne e bambine siano egualmente protette ovunque in Europa. “Come la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha detto recentemente: lo stato delle donne è lo stato della democrazia”.
In più, solamente nel collegio della commissione europea donne e uomini sono rappresentati in egual numero, “le donne occupano al momento più del 40% dei posti principali della commissione”. C’è però ancora molto lavoro da fare affinché questa stessa rappresentanza avvenga anche negli altri organi dell’Unione, lavoro che inizierà a breve, a detta della von der Leyen, con un incontro finalizzato a ciò.
“Quando parliamo di rispetto e dignità, non dobbiamo parlare solamente di uomini e donne, è una questione che va al di là del genere. Non possiamo accettare che le zone anti-LGBT si diffondano nei nostri stati membri, […] non possiamo lasciare che la brutta faccia dell’antisemitismo e del razzismo si faccia vedere in qualunque angolo della nostra unione.”
Esattamente come noi, anche la nostra presidente si trova stupefatta a parlare di queste cose nel 2021, ricordando alla fine che “la nostra unione deve essere all’altezza del suo motto: uniti nella diversità”.
Chi volesse leggere il discorso integrale, può trovarlo qui.
Elisa Alvelli